Charlie e il vecchietto dalla barba bianca

Charlie

L’inverno in alta montagna è sicuramente più insidioso e pungente di quanto possa esserlo in pianura. E anche quella sera, un gennaio perso nel tempo di tanti anni fa, a Bugarach, piccolo paese ai piedi dei Pirenei, come accadeva spesso d’inverno, scendeva tanta di quella neve che formava per tutta quella regione un soffice e bianco tappeto.

Per quelle stradine da alcuni giorni vagabondava un cagnolino di circa sei mesi, un orfanello senza dimora, privo di una vera famiglia, abbandonato insensibilmente al suo triste destino.

Ma chi? E perché? Chi aveva potuto esser tanto crudele? Chi riusciva davvero a ritrovarsi di fronte a una nuova vita e non provare un sentimento di accoglienza? Solo gli esseri umani, in quello sono davvero unici e bravissimi.

Quel cucciolotto, magro e con il pelo tutto arruffato, non doveva esser nato nei dintorni, in quanto nessuno ricordava di averlo mai incontrato. E se pure quel piccolo animale aveva nella sua giovane età incrociato la strada di qualcuno, bhe, lui non era una cosa tanto importante in questo mondo.

 come tutte le sere, la sopravvivenza in fondo era meglio non sottovalutarla, il cucciolotto cercava ansioso un luogo dove rifugiarsi per dormire più comodo e riscaldarsi un po’, qualche forza poteva pure tornargli con una bella dormita.

Viaggiava per quella terra con gli occhi sempre tristi e spauriti. Tutti quelli che lo incontravano, per diffidenza, o forse per un’ingiustificata paura, e che dire dell’inutile cattiveria, lo allontanavano, scacciandolo da ogni via che potesse dargli un po’ di serenità. E dire che lui di male non ne aveva mai fatto ad alcuno. Anzi, di sforzi per conquistarsi la fiducia e un po’ di amore da tutta quella gente che aveva intorno, lui ne aveva fatti tanti. Forse sbagliava metodologia, forse qualche corso di comunicazione gli sarebbe stato utile, ma non è che ci voglia una laurea per comprendere se un essere tanto gracile abbia bisogno solo di un po’ di aiuto e compagnia. Non serviva a quel cucciolotto il paradiso, forse era sufficiente qualcuno che potesse adempiere alle sue ridotte necessità. In quel paesello, nessun abitante si poneva il problema di quel cagnolino che dormiva al freddo e al gelo, tantomeno qualcuno che si preoccupasse di quella povera bestiola che, nei giorni più sfortunati, dove la neve nascondeva anche i rifiuti degli uomini,  passava intere giornate senza nutrirsi, mettendo di fondo un semplice concetto, il libero arbitrio, sopravvivere o no! .

Mentre procedeva tutto stanco per quelle stradine ripide e ciottolose, scorse in lontananza una piccola baita. Che qualcuno si fosse ricordato che in quel mondo esistesse anche lui?

Le porte erano spalancate: “Lì non ci sarà nessuno. Chi vuoi che dorma con le porte aperte con questo freddo?”, rifletté prendendo la via per quella nuova speranza.

Giunse alla sua destinazione e, dopo una attenta analisi decise di entrarvi per riposarsi un pochino prima di riprendere il suo vagabondare: “Dai, per oggi può andare anche questa. Sempre meglio che dormire all’aperto”.

Si avvicinò alla porta e percepì dei rumori all’interno: “Ecco! Devo nascondermi subito. Lo sapevo; questa casa non è disabitata. Sicuro, anche questa notte non ho un tetto dove dormire”.

Sbuffò rassegnato e si guardò intorno in cerca di una alternativa. Vide un grosso albero con delle foglie larghe e decise di rifugiarsi lì sotto per quella notte, non era molto ma era qualcosa.

Ad un tratto sentì dei passi alle sue spalle. Alzò la testa e vide uscire dalla baita un vecchietto che camminava lentamente reggendosi a un bastone d’appoggio.

I suoi capelli e la sua folta barba erano totalmente bianchi, candidi come la neve sotto le sue zampe. Non ricordava di aver mai incontrato un uomo di quell’età. Senza farsi notare lo osservò più attentamente: il volto di quel vecchietto gli ispirava fiducia, il perché non sapeva spiegarselo, eppure percepiva una sensazione di serenità man mano che lo osservava e ne studiava le fattezze.

L’uomo, sempre con il suo passo lento, a testa bassa, apparentemente ignaro della presenza dell’animale, si allontanò lasciando la casetta completamente aperta e probabilmente vuota.

“Sì, sì! Adesso posso entrarci, stanotte posso dormire in un luogo di certo più caldo e comodo”.

Dopo una breve corsa, che non durò neanche dieci secondi si introdusse scodinzolante nella casetta.

Ad accoglierlo, sulla destra dell’ingresso, c’era un vivace fuoco di un grande camino e

tante piccole piantine che emanavano un intenso profumo.

I pavimenti erano di legno rosso, mogano o ciliegio, e sulla parete di fronte, una grande scritta stilizzata: “In questa casa sono tutti i benvenuti”.

“Questo posto è bellissimo!” Esclamò il cagnolino felicissimo di essere giunto fin lì, consapevolmente certo che in quei “Benvenuti”, sì, sì, era compreso anche lui.

Entrò in cucina; era accogliente e sul tavolo dimorava una tovaglia azzurra molto delicata. Nell’angolo a sinistra, una grande dispensa.

“Che bello, ora si mangia”.

L’aprì e prese a divorare tutto quello che trovava, pareva qualcuno ci avesse infilato lì dentro un supermercato per cani, incurante del fatto che all’indomani il padrone di casa se ne sarebbe accorto.

Mangiò di tutto: formaggi, prosciutti, salami, cioccolatini e tant’altre cose che solitamente i nostri amici a 4 zampe non ritrovano nel loro menu.

Ma a lui che importava? Il suo stomaco borbottava per la fame come borbotta una pentola di fagioli sul fuoco.

Dopo aver divorato tutto quel che c’era di commestibile, vide una

camera con un grande letto stracolmo di cuscini che a una prima occhiata parevano comodissimi. Vi saltò sopra e vi si accucciò beato: sì, tutto era davvero confortevole!

Prima di addormentarsi prese a riflettere su tante cose accadutegli nell’ultima ora; una però lo assillava più di tutte: la voglia di avere una casa e

una famiglia, il desiderio di sentirsi amato e coccolato da qualcuno definitivamente.

Mentre tutti quei pensieri affollavano la sua mente si addormentò come un angioletto. Si svegliò che era quasi l’alba.

Da la piccola finestra della camera, vide un pallido sole che lentamente

stava nascendo e sul davanzale si posò un uccello dalle piume bianche che cantava dolcemente; sembrava quasi che avesse paura di svegliare chi stava ancora dormendo.

Mentre ammirava il grazioso volatile , udì un rumore giungere dalla cucina: Era lui di certo, il padrone di casa.

Pensò a un modo sicuro per scappar via: nessuna via di uscita, il

vecchietto l’avrebbe comunque scoperto. Poteva solamente nascondersi sotto al letto, ma per quanto tempo avrebbe dovuto restarci?

Il cucciolo si fece coraggio e decise di affrontarlo, facendosi trovare ben accucciato sul luogo paradisiaco  dove aveva passato tutta la notte.

Il vecchietto dalla barba bianca entrò nella sua stanza e vide il cagnolino visibilmente impaurito. Si avvicinò sorridendogli, lo prese in braccio e accarezzandolo paternamente sulla testa chiese: “Vorresti una famiglia, vero?”

E il cagnolino diceva fra SÉ: “Sì, lo vorrei tanto”.

Quell’uomo che non era un uomo come tanti, ma riusciva a leggere nei cuori

e nella mente di ogni creatura del mondo, lo rasserenò: “Ti prometto che non appena uscirai da qui, troverai una vera famiglia”.

Il cagnolino rimase scettico: “Tu dici così solo per farmi andar via! A me non mi vuole nessuno!”

L’uomo assunse uno sguardo tanto serio quanto saggio: “No, non è come pensi, anzi ti dico anche che ti chiameranno Charlie! È quello il tuo nome in questa vita. E questo l’ho deciso io”.

Il cucciolo, tanto per metterlo alla prova, proseguì con la sua diffidenza, proponendo infine: “Allora perché non mi tieni con te? Prometto che farò il bravo”.

L’anziano non si scompose: “Non posso! Io vengo da un posto molto lontano e fra poco tornerò lì”.

Il cagnolino rasserenato ma curioso di natura, volle indagare: “Come fai a leggere nel mio pensiero e nel mio cuore?”

“Io sono il Padre di ogni creatura e posso capirvi tutti.

Adesso vai e stai tranquillo che non ti deluderò”.

Il cagnolino, incredulo a tanta fortuna, calò a terra e se ne andò salutando l’anziano , scodinzolando in pace come forse non lo era mai stato.

Lungo il tragitto si chiese: “Chi è davvero quell’uomo?

Cosa significa “io sono il Padre di ogni creatura del mondo”?”

E soprattutto si domandava se davvero avesse mai trovato una famiglia come sosteneva quel tizio dalla barba bianca.

Mentre si poneva tutte queste domande, notò una bambina avvicinarsi a lui urlando: “Mamma, mamma, guarda che bello quel cucciolo! Lo voglio! Portiamolo a casa con noi!”

La donna consigliò alla piccola di non toccarlo, avrebbe potuto morderla.

Il cagnolino udì e per far capire che era buono e che non aveva cattive intenzioni, scodinzolò avvicinandosi a testa china ad entrambe.

La mamma della bambina iniziò ad accarezzarlo sulla testa, gli sorrise e, rassegnata al volere della sua di cucciola, lo prese in braccio e lo fece accomodare in macchina per portarlo per sempre a casa con loro.

Lungo il cammino il cagnolino si affacciò al finestrino volendo rivedere un’ultima volta la casa. Ma quella piccola baita, dove aveva avuto quello strano incontro

non c’era più; era rimasto solo quel grande albero dalle foglie larghe. E, come illuminato, capì.

La bambina, tutta contenta disse alla mamma di volerlo chiamare Charlie.

Lei rispose che quel nome le piaceva e Charlie capì che la notte precedente era stato protagonista di un vero miracolo.

Da allora, Charlie visse felice in una vera casa, con una vera famiglia.

In tutta la sua vita non rivide mai quel vecchietto dalla barba bianca, l’artefice della sua felicità.

Morale della favola

Anche nei momenti più tristi e bui, c’è sempre qualcuno che arriva tendendoci la mano, per aiutarci e per farci ritrovare il sorriso.

Non bisogna mai disperare, perché spesso la soluzione ai nostri problemi non è lontana e nemmeno impossibile.

LUCIA MANNA